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Buste di plastica: perché è giusto che i sacchetti bio si paghino

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Con il Decreto Legge Mezzogiorno - e nello specifico attraverso l’articolo 9-bis della legge di conversione numero 123 del 3/08/2017 - il Governo ha introdotto un elemento di novità importante che avrà ripercussioni sul portafoglio dei consumatori italiani. Il decreto infatti stabilisce che dal 1° gennaio del 2018, come già accadeva per i sacchetti di plastica acquistati alle casse dei supermercati, anche i sacchetti che si utilizzano per avvolgere frutta e verdura saranno a pagamento.

I nuovi bioshopper

La 123 converte il decreto legge 2017 numero 91, stabilendo che gli shopper, ossia appunto le buste di plastica per alimenti freschi con uno spessore inferiore ai 15 micron, debbano essere biodegradabili oltre che compostabili. A garanzia di queste caratteristiche è previsto che siano accompagnati da un certificato di garanzia emesso da enti predisposti a tale scopo.

Ogni sacchetto avrà per il consumatore un prezzo che potrà oscillare dai 2 ai 10 centesimi di euro e il relativo acquisto al supermercato o dal fruttivendolo sarà specificato sullo scontrino, come già accade per i sacchetti in cui finisce la nostra spesa.

La legge di conversione del decreto a sua volta riprende una direttiva dell'Unione Europea, che sta operando un giro di vite in materia ambientale. Già nel mese di gennaio del 2017 il nostro Paese si era visto oggetto di una procedura d’infrazione per non aver recepito la normativa europea del 2015.

Obiettivi della norma

Qual è l'obiettivo della normativa? Il Ministero dell'ambiente ha introdotto questa nuova disciplina nell'ottica di un processo di riduzione dell'inquinamento ambientale che passa anche e soprattutto per la contrazione dell'uso e consumo della plastica.

Infatti, a causa della loro caratteristica ultraleggerezza e delle pareti molto sottili, si tratta di sacchetti difficilmente riutilizzabili e perciò maggiormente inquinanti. Queste buste hanno un ciclo vitale breve diventando rifiuti molto più rapidamente rispetto ai normali sacchetti di plastica.

Hanno fatto il giro del mondo le immagini delle isole di plastica presenti negli oceani, le famigerate pacific trash vortex, che si trovano nel Pacifico. Uno di questi atolli di immondizia è esteso come la penisola iberica.

La plastica è un materiale che si decompone nell'ambiente marino liberando elementi chimici letali, come il bisfenolo A. Si tratta di un composto organico in grado di attivare i recettori degli ormoni con effetti sullo sviluppo neuronale dei feti. In più è un fatto che i rifiuti di plastica abbiano la capacità di rilasciare elementi in grado di causare il cancro.

Attualmente viene calcolato che nel Mediterraneo circolano circa 250 miliardi di microframmenti di materiale plastico, che finiscono nel plancton e dunque all'interno della catena alimentare. I destinatari finali di questo materiale sono proprio i consumatori di pesce.

Il Ministero dell’Ambiente ha provveduto a inviare una circolare interpretativa alla GDO, acronimo di grande distribuzione organizzata, con lo scopo di spiegare i criteri e le modalità delle nuove regole in materia di sacchetti biodegradabili all'interno dei negozi del circuito della grande distribuzione.

I nuovi sacchetti biodegradabili dovranno essere composti in misura non inferiore al 40% di materiale rinnovabile. Dal 1° gennaio 2020 la percentuale salirà al 50% per raggiungere il 60% a partire dal 2021.

Gli esercenti che non rispetteranno la normativa andranno incontro a sanzioni che possono arrivare anche ai 25.000 euro e comunque non inferiori ai 2.500 euro.

Nessun aggiramento possibile della norma

Nel dettaglio la nuova disciplina impedisce anche possibili scappatoie da parte dei consumatori che credevano di poter aggirare la norma portandosi da casa le buste per conservare la frutta e la verdura. Non sarà possibile in quanto è prescritto il divieto di riutilizzo delle buste biodegradabili. Cosa vuol dire? Significa che le buste utilizzate per conservare alimenti freschi come frutta, verdura ma anche carne e salumi, dovranno essere acquistate esclusivamente al supermercato.

Dal Ministero della salute fanno sapere di non essere contro la possibilità che il consumatore possa portarsi le buste alimentari da casa, ma i sacchetti devono avere determinate caratteristiche:

  • devono essere monouso
  • devono essere idonei a conservare gli alimenti

Il rischio infatti è che utilizzando ripetutamente lo stesso sacchetto si vada incontro a contaminazioni batteriche.

Le polemiche sulla normativa

Non sono tuttavia mancate le polemiche rispetto alla nuova normativa sulle bustine biodegradabili. Aalcuni esponenti politici hanno avanzato l'ipotesi che il decreto mirerebbe a favorire un'azienda monopolista che produce i sacchetti alimentari, di proprietà di persone vicine all'ex premier Renzi. In seguito però è stato precisato che l'azienda in questione non ha il monopolio della produzione dei sacchetti alimentari in Italia.

In alcuni casi si è anche detto che la direttiva UE recepita dalla nuova normativa italiana inviterebbe i singoli membri dell'Unione a ridurre l’uso di sacchetti di plastica, facendo ricorso a materiale biodegradabile, tuttavia precisando che ogni singolo Stato è libero di escludere dalla normativa i sacchetti per alimenti.

Legambiente si è invece dichiarata a favore della decisione del governo italiano di recepire la direttiva dell'Unione Europea, pur mettendo in guardia politica e opinione pubblica contro le possibili speculazioni.
Secondo l'organizzazione ambientalista è giusto che i cittadini paghino il bioshopper, tuttavia il costo non dovrebbe essere superiore ai 3 centesimi di euro.

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